II CATECHESI DI QUARESIMA
UN INCONTRO CON IL SIGNORE
Lo scorso lunedì 21 marzo si è tenuta la seconda delle quattro catechesi previste per questo tempo Quaresima e il relatore chiamato per l’occasione è il diac. Giovanni Pennacchio. Amico di vecchia data di d. Matteo, Giovanni è un formatore per il Diaconato della Diocesi di Roma ed è incardinato presso la Parrocchia di “S. Giulia Billiart”.
Entrando nel vivo della catechesi, il relatore riallacciandosi al discorso aperto dal benedettino dom Ildebrando Scicolone, magistralmente ci introduce sul tema “Evangelizzazione e catechesi nell’itinerario dell’ Iniziazione Cristiana”.
Sin dalle prime battute comprendiamo che Giovanni non va tanto per il sottile, infatti, subito fa appello al nostro senso di responsabilità richiamando la nostra attenzione sul considerevole aumento del numero di non battezzati (35-40 %) e sulla dilagante disaffezione cristiana di tanti battezzati.
Certo, prosegue, un ateismo esasperato e talvolta aggressivo, che non accetta il dialogo e il confronto, sta cercando di togliere Dio dal cuore dell’uomo, togliendogli così la gioia, la pace… la vita! Sulla scorta di questa “silenziosa apostasia” (così la chiamava Giovanni Paolo II) ci invita a riflettere su come ritrovare il valore originario dell’Iniziazione Cristiana.
Giovanni chiarisce poi alcuni aspetti storici antecedenti il Concilio Vaticano II in cui la preoccupazione principale era quella trasmettere la dottrina della Chiesa con un linguaggio ed una terminologia esplicitamente dogmatici (approccio magisteriale). Mentre oggi, un rinnovato fervore per le Sacre Scritture spinge la catechesi ad annunciare, anche con la propria vita, il contenuto della Buona Notizia (approccio kerygmatico) piuttosto che comunicarlo in maniera arida e concisa attraverso i concetti dottrinali della fede.
L’esperienza umana è dunque una categoria centrale della catechesi e compito dell’evangelizzazione, nell’itinerario dell’Iniziazione Cristiana, è quello di annunciare Gesù Cristo risorto proprio attraverso la nuova natura dei figli di Dio. Le caratteristiche di una predicazione kerigmatica devono riflettere pienamente la nostra personalità, la storia e l’esperienza personale dell’incontro con il Signore.
L’incontro con Gesù, continua Giovanni, non come un’altra cultura ma come profondo cambiamento interiore che ci permette essere sempre pronti a “…rendere ragione della speranza che è in noi” (1Pt 3,15). Solo l’amore al nemico, vivere cioè la vita di un altro, quella di Cristo, rende visibile la bellezza della fede e permette di “…non perdere nessuno di quelli che mi hai dato” (Gv 6,39).
Nando