L’ULTIMA CIMA
Un film molto bello, che in Spagna senza un soldo di pubblicità ha battuto per numero di spettatori Harry Potter e Sex & the city. A Roma è la quarta proiezione, le precedenti hanno registrato il tutto esaurito.
Di cosa parla? Di Pablo Domínguez, sacerdote madrileno, morto in un incidente in montagna nel febbraio del 2009 a 42 anni.
Apparentemente la vita di Pablo non merita di essere raccontata in un film, perché non contiene quei lati scandalistici che attirano i riflettori dei media. Eppure man mano che ci viene delineata la figura di Pablo Domínguez, scopriamo che è un prete tanto “ordinario” come molti altri preti che abbiamo avuto la fortuna di conoscere, e che a renderlo straordinario non sono tanto le sue qualità, quanto l’audacia con cui si dona a Colui al quale appartiene. La última cima avrebbe potuto accontentarsi dell’evocazione del prete carismatico; Cotelo invece ha voluto approfondire il significato e la ragione di tale carisma. Ed è allora che il suo film diventa scandaloso per la mentalità contemporanea, perché parla del soprannaturale che irrompe nella vita di un prete “comune”, parla del sacro che si annida eucaristicamente nel cuore umano, allargando gli orizzonti di una vita intera. La última cima è arrischiato, perché osa rendere omaggio alla figura di un prete – e, attraverso di lui, a tanti buoni preti – in un’epoca che ama crocifiggerli. È agguerrita, perché osa combattere il sudiciume dei luoghi comuni e dei pregiudizi che circolano intorno al sacerdozio. È posseduta da un respiro epico che non rimane nella mera emotività, ma che osa penetrare nel cuore stesso della vocazione sacerdotale. Ed è un film che commuove, che smuove, che resta annidato nel ricordo dello spettatore, come il sacro si annida nei cuori e allarga gli orizzonti di una vita intera. (Osservatore Romano, giugno 2010)