via Ernesto Rossi 44 – 00155, Roma, 064070360 info@santigino.it
Get Adobe Flash player
santigino 1
PAPA FRANCESCO
Login

La Venuta di Cristo nelle profezie di Isaia

La liturgia della Chiesa nel tempo di Avvento e di Natale è scandita da molti brani del Libro che porta il nome di Isaia.

Tutti i profeti dell’Antico Testamento hanno indagato, scrutato, annunciato il mistero della salvezza che il Messia avrebbe portato al popolo dei Giudei e a quello dei pagani, riuniti in un’unica alleanza, incisa non più su tavole di pietra, ma nei cuori di carne degli uomini. E, tuttavia, fra tutti, il profeta Isaia è colui che “con più chiarezza e lucidità, ha salutato da lontano, la figura e l’opera del Redentore, tanto da essere chiamato “il quinto evangelista” “ (cfr.Giovanni Paolo II, Udienza del 21.12.1983).

Isaia, dunque, è un uomo completamente immerso nelle vicende del suo popolo, al quale Dio lo invia per leggere, nelle pieghe degli avvenimenti che accadono, il suo messaggio di salvezza. Per questo, di volta in volta, il profeta trasmette, con i suoi oracoli, ciò che il Signore gli rivela e di cui i suoi contemporanei hanno bisogno per comprendere la realtà, per tornare al Dio dei Padri, tradito dalla loro infedeltà, per sperare ancora in lui, soprattutto nei momenti più critici della storia. E’ così che, in mezzo ai danni provocati dal pervertimento della religione, dalle devastazioni delle invasioni nemiche, dalla pena dell’esilio, Isaia richiama alla memoria di tutti che il Signore è un padre e non può aver dimenticato “il fremito delle viscere e la sua misericordia” (cfr. Is 63,15-17). E’ il profeta che suscita, con le sue parole, la preghiera (45, 6-8) e delinea la figura di un Liberatore, promesso da Dio, che verrà presto per condurre i miseri, gli sfiduciati, in un nuovo esodo attraverso il deserto. E, sotto i loro passi, “il deserto fiorirà” (41,14-20). Sarà un Salvatore capace di edificare un regno stabile e duraturo, dove si vivrà in pace per sempre. Perciò, a seconda delle circostanze, questo Messia assumerà i lineamenti di un re potente che ristabilirà il diritto violato (41,1ss), del buon pastore che, radunando il suo gregge disperso, lo curerà con tenerezza e discernimento (40,1ss), del bambino, figlio di una vergine (7,14), che eliminerà l’oppressione dei nemici illuminando una sofferenza oscura come la notte (9,1-6).

In tutte queste figure, la tradizione cristiana ha riconosciuto, al di là delle circostanze storiche in cui venivano evocate e in cui si realizzava l’immediato intervento divino l’annuncio della venuta di Gesù, il Cristo, nella carne e alla fine del tempo. Esse rivestono, pertanto, un significato sia escatologico che attuale.

Quest’anno liturgico 2011, si apre con la visione maestosa del tempio elevato su un alto monte, alla fine dei giorni (Is 2, 1-5). Sono terminati i giorni di una guerra sanguinosa che ha devastato Gerusalemme, è la fine del castigo inflitto dal Signore contro l’ipocrisia di un popolo ingrato che lo onora solo con le labbra, che si sazia di riti vuoti, dimenticando la giustizia e la compassione verso i poveri. Ma, non c’è colpa che esaurisca il perdono divino e, se c’è conversione del cuore, Dio si affretta a donare ancora la sua misericordia. La città santa e il suo tempio saranno ricostruiti e posti in alto come punto di riferimento per tutte le genti ed esse entreranno negli atri sacri, unite ormai al popolo eletto nella conoscenza del Signore, fonte di pace e stabilità. E’ una profezia, questa, che va oltre lo spazio ed il tempo in cui è pronunciata, per abbracciare la condizione esistenziale di tutta l’umanità, in cammino verso la fine dei secoli, verso il luogo dove è posta la nuova Gerusalemme, città della pace. Ed è una profezia che i santi Padri vedono già compiuta. Questo monte è, infatti, l’umanità assunta da Cristo, nella quale egli ora dimora per sempre (S. Ilario). E’ il suo Corpo Risorto, è la Chiesa, è il Tempio santo, immagine di quel luogo “dove avrà stabile dimora la giustizia”, dove gli uomini potranno entrare e trovare pace, adorando Dio “in spirito e verità” (Gv 4,22).

Il desiderio di pace degli uomini e delle nazioni, dilaniati da guerre di ogni tipo, è espresso, poi, da Isaia con l’immagine nota del “virgulto” (Is 11, 1 ss). Dopo una terribile invasione, del popolo eletto non rimane che un piccolo “resto”, il quale ascolta, con il cuore pieno di speranza, l’annuncio della prossima venuta di un Re-Messia della stirpe di Davide. Dal tronco vecchio di Iesse, spunterà il“germoglio” che tutti attendono, l’uomo nuovo, artefice di un mondo pacificato, senza più violenze, alla cui armonia, come nel giardino dell’Eden, parteciperà tutta la natura. Questa riconciliazione fra Dio e l’uomo, fra uomo e uomo, fra l’uomo e tutto il creato sarà frutto del santo Spirito che il Signore effonderà sul suo consacrato e, per suo mezzo, su tutte le creature. E’ lo stesso Spirito che si poserà su Gesù, il figlio della stirpe di Davide, nel giorno del suo battesimo nel Giordano, per manifestare agli uomini che quel tempo di pace, in Lui, è già iniziato, il Regno di Dio è in mezzo a loro (Mt 3,16).

Questo Messia, che inaugura un mondo dove “il lupo dimorerà insieme con l’agnello”, si va delineando ancor meglio nell’oracolo che Isaia annuncia al re di Giuda Acaz: “Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che si chiamerà “Emmanuele”(Is 7,14). Il nome, dal significato fortemente simbolico, “Dio con noi”, denuncia la risposta di Javhè a un re che non crede più nell’intervento salvifico di Dio, avendo già deciso, nel suo cuore, di far alleanza con le potenti nazioni vicine. Per questo non chiede alcun “segno”dal cielo, non cerca aiuto nel Signore, ma ripone tutta la sua fiducia nella forza degli eserciti. Isaia, profeta della fede pura, senza compromessi, dichiara allora che sarà Dio stesso a dare un “segno”: un bambino nato da una vergine. Non c’è nulla di più debole,di più fragile di un bimbo. Eppure è proprio questo bimbo che Dio ha designato come salvatore, annullando tutti i disegni politici e le inadeguatezze umane. L’evangelista Matteo citerà questo passo, considerandolo compiuto, nel momento in cui Giuseppe, promesso sposo di Maria, a seguito di un sogno profetico, assumerà la paternità legale di Gesù (Mt 1,23).

Ed è ancora un bimbo che appare nel cap 9, 1ss per illuminare la notte tenebrosa in cui cammina il popolo angosciato, oppresso sotto la schiavitù dei suoi aguzzini. Nella liturgia della notte di Natale , la Chiesa, festosa, proclama questo passo di Isaia, contemplando in Gesù bambino,

il “Figlio che ci è stato dato”, l’Emmanuele ,“il Dio con noi”, il “Principe della pace”. Appare la “luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,9), nel mezzo di una notte che sembrava senza fine. Può esplodere, allora, la gioia incontenibile di chi attendeva il Salvatore, l’Unico Signore in grado di annientare le tenebre del male e della morte. “Io sono la luce del mondo, chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”, dirà Gesù nel IV Vangelo (Gv 8,12).

La stessa esultanza di cui la Chiesa gioisce nel giorno dell’Epifania – giorno della manifestazione di Cristo ai Magi, simbolo delle nazioni pagane – con una profezia isaiana di grande suggestione poetica e di profondo significato religioso (Is 60, 1-6). Una nebbia fitta ricopre la terra, gli uomini sono come ciechi e non sanno dove andare, non scorgono più la strada da seguire, lo smarrimento è sovrano. Ma la Città santa è avvolta nello splendore della gloria di Dio. Come un faro, essa indica ai suoi figli la via del ritorno alla vita. Sono numerosi i suoi figli, “più numerosi delle stelle del cielo e della sabbia del mare”, come era stato promesso ad Abramo, padre della fede, e vengono da lontano. In Gesù, ancora bambino, la Chiesa madre, può abbracciare tutta l’umanità ed accoglierne le debolezze e le ricchezze.

In ascolto di questa Parola, perciò, vivendo la nostra storia particolare e comune, siamo invitati, nel tempo che ci viene offerto, a svegliarci dal sonno, ad alzarci, per rivestirci di una luce, di una vita che non ci appartengono, ma che il Signore, nella sua misericordia, ha voluto donarci in pienezza perché “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14). Questo è il tempo che ci chiama ad attendere ancora Gesù, il Signore. Egli ha promesso che ritornerà per liberarci dalla morte per sempre. E, allora, sarà Pasqua.

Dina

DAL VATICANO
Scout Roma 80

Il Gruppo Scout Roma 80

ha un suo sito web dedicato !!!

accedi da questo link

http://www.roma80.it/  

 

 

 

 

 

LINK
  • DIOCESI DI ROMA
  • BIBBIA CEI
  • MARANATHA’
  • QUMRAN2.NET
  • CATHOPEDIA
  • UFFICIO COMUNICAZIONI SOCIALI DIOCESANO
  • AVVENIRE
  • TV2000
  • ZENIT
  • AGENZIA SIR
  • L’OSSERVATORE ROMANO